giovedì 28 ottobre 2010

Tra trasparenza e corruzione, l'Italia è al 67mo posto

Da una recente indagine svolta da Transparency International, organizzazione globale nella lotta contro la corruzione, l'Italia si piazzerebbe al 67mo posto su 178 paesi con un punteggio di 3.9, punteggio che va da 0 a 10.


In questa pagina troverete una mappa che mostra la situazione mondiale sul piano della corruzione. Non per giustificare la situazione nel nostro paese, ma sembrerebbe che la corruzione sia un problema a livello globale. Ecco la top 20 dei paesi con il piu' alto livello di trasparenza.

1
Denmark
9.3
1
New Zealand
9.3
1
Singapore
9.3
4
Finland
9.2
4
Sweden
9.2
6
Canada
8.9
7
Netherlands
8.8
8
Australia
8.7
8
Switzerland
8.7
10
Norway
8.6
11
Iceland
8.5
11
Luxembourg
8.5
13
Hong Kong
8.4
14
Ireland
8.0
15
Austria
7.9
15
Germany
7.9
17
Barbados
7.8
17
Japan
7.8
19
Qatar
7.7
20
United Kingdom
7.6
Avete intenzione di emigrare all’estero? Perche’ non prendere in considerazione uno di questi paesi.


martedì 26 ottobre 2010

Ciao nonno.

Eroe,
umile,
gentile,
generoso,
onesto,
padre,
ironico,
romano,
simpatico,
allegro,
coraggioso,
nonno,
furbo,
profondo,
bello,
sportivo,
partigiano.

Ti voglio bene nonno Franco.

domenica 24 ottobre 2010

Per amore, un informatico migratore.

Saverio e' un informatico che ha deciso di emigrare per amore a Gent.



E’ sabato, la mia compagna e’ al college a studiare Inglese. Inizio la mattina come di consueto nello svolgere le faccende di casa. Passo l’aspirapolvere in stanza, riprendo i panni stesi in balcone (ringraziando il cielo di aver trovato una casa a Londra con un balcone cosi grande da poterli stendere), preparo la lavatrice per i panni da lavare, riscaldo la doccia aprendo in anticipo l’acqua calda e intanto ritorno davanti al mio portatile per leggere le mail, ed ecco che riapro quella del mio amico Saverio.

Ricordo ancora la prima volta che ci siamo conosciuti, entrambi ancora dei junior developer in quella grossa società chiamata CPI Progetti. Gli avevo mandato la solita mail di domande giorni a dietro, chiedendo di rispondermi appena avesse avuto il tempo. A pensarci bene lui e’ stato il primo programmatore che io abbia mai conosciuto, a partire per l’estero. Ma all’epoca le sue motivazioni non le avevo condivise totalmente e la sua vicenda, giungendomi sempre per vie traverse, non mi avevano mai indotto alla curiosità, almeno fino a quando non ho aperto questo blog.

E invece eccola lì la sua storia, ermetica come solo lui sa essere, ma unica nel suo genere. Rileggo quelle brevi righe cercando di capire che diavolo di articolo potrei mai tirar fuori con così poco. Altre persone tendono ad essere larghe nei particolari, felice di dire la loro, di far conoscere i loro successi. Saverio no. Lui si limita a dire che non e’ soddisfatto e, se potesse, tornerebbe anche in Italia.

Per chi emigra, l’umore deve essere costantemente tenuto alto, la vita e’ dura in qualunque modo la si voglia raccontare, e a volte noi per primi ci mentiamo, consapevoli della nostra ipocrisia. Ma Saverio questo lo sa già, non lo nasconde anzi, mette a dura prova la mia prospettiva. Ed ecco qui che non so cosa fare, non so se chiamarlo, avendo paura di rimanere anche io ferito da tanto realismo, oppure cercare di affrontarlo senza troppe pretese.

Sono le 13, Saverio e’ connesso con Skype, lancio un timido “we” per chat, quasi spero che non mi risponda. Passano alcuni secondi, ecco la sua risposta. Devo chiamarlo, non ho più scuse ormai. Passiamo i primi minuti tra i convenevoli. Ma passiamo a Saverio, questa e’ la sua storia.

Saverio e’ nato a Bagno a Ripoli in provincia di Firenze, tutt’ora inscritto al corso di laurea in Informatica, decise nel 2007 di andare a vivere a Roma da suo cugino. Iniziò a lavorare con il solito contratto a progetto presso la mia stessa società. Nel frattempo il suo cugino, nonché suo capo progetto, lo inserì in attività interne sviluppando così la sua professione in tecnologie quali Plone/Python.

E’ l’estate del 2008 e la sua compagna deve partire per Gent, gli offrono qualcosa che in Italia non ce’. Saverio non ci pensa troppo, la voglia di viaggiare e’ grande, e così inizia a mandare mail a tutte le società. Impara subito che il Belgio e’ linguisticamente diviso in due. La parte sud, dove si parla francese, e la parte nord, dove lui andrà a vivere e dove si parla fiammingo, ma come seconda lingua c’e’ l’inglese, lingua che Saverio conosce piuttosto bene.

La sua figura non sembra essere fortemente richiesta in Belgio, ma nonostante tutto qualcuno disposto a fargli un colloquio lo trova. E’ una società che si trova ad Anversa, ma sono 80 km da Gent. Decide comunque di fissare un colloquio dopo una settimana dall’arrivo. L’occasione e’ ghiotta, e comunque c’e’ il treno che in un’ora lo riporterebbe a casa.

Finalmente la partenza, la casa e’ piccola, ma l’accoglienza e’ delle migliori. Le persone sono ospitali, il clima che si respira a Gent, e’ quella di una cittadina tranquilla e un po’ isolata. Durante il fine settimana la città tende a svuotarsi poiché popolata per lo più da studenti, mentre il lunedì si riempie nuovamente. Gent e’ pulita e ordinata e per nulla cara, si va in giro in bicicletta per qualunque cosa, gli affitti delle case non sono così alti, la birra e’ ottima come i loro prodotti tipici. Non si mangia male, non si mangia all’italiana questo e’ certo, ma si può trovare di tutto un po’.

Il colloquio non va. Saverio inizia nuovamente a mandare mail, ma il Belgio non sembra ricercare programmatori con le sue qualifiche. Ma lui non si da per vinto, e spazia la sua ricerca oltre confine. Ed e’ proprio vicino ad Amsterdam che trova qualcuno interessato a lui. Questa volta il colloquio riesce, la paga e’ buona ma ora il problema e’ la distanza, quasi 300 km. Lei e Saverio devono dividersi. Lui potrà tornare solo per il fine settimana. La società gli permette di lavorare dal lunedì al giovedì, consentendogli dei weekend lunghi. Inizia così a fare il pendolare.

Passano due mesi ed ecco la svolta. Una piccola società sta cercando un programmatore python Django/plone. Lui per primo sa che non sono in molti a concorrere per quel posto. Quindi dipende solo da lui. Con quel lavoro potrebbe finalmente riavvicinarsi alla sua lei, senza essere più costretto a viaggiare per ore. Ma Saverio e’ un ragazzo in gamba e quel posto lo ottiene con facilità.

Ora sarebbe bello poter dire che questa e’ la fine della storia. Saverio e la sua compagna uniti nuovamente, lavorando entrambi vicino casa.

Passano i mesi. Saverio non prende moltissimo di stipendio, ma almeno ha un contratto a tempo indeterminato, ferie, malattia, 13esima, 14esima, pensione e mutua. Saverio se va in bicicletta, riceve un rimborso spesa per quanti kilometri percorre. Ma il tempo e’ sempre brutto. La città fredda quasi tutto l’anno. Quelli del posto sono ospitali se sei straniero, ma l’ospitalità’ arriva fino alla soglia delle loro case. Un po’ meno se dai l’impressione di vivere lì. L’inglese lo parlano tutti, questo e’ vero, ma per socializzare e’ necessario il fiammingo.

Sono passati due anni, e ora Saverio inizia ad avere qualche dubbio. Le giornate iniziano ad essere sempre le stesse. Le vacanze sono poche, e quelle poche che si hanno le si spendono per tornare in Italia. Gli amici pochi e quasi tutti Italiani, per lo più persone conosciuti in qualche corso di lingua organizzato dalle università locali. Inoltre la società non sembra passare un buon momento, i progetti sono pochi e vengono svolti con poco entusiasmo. I pagamenti arrivano a volte con una settimana o due di ritardo senza preavviso.

Confessa che Gent non e’ il posto migliore per cercare lavoro nel Settore IT, magari dentro di se c’e’ anche un timido desiderio di emigrare nuovamente. Se ora gli si chiede di tornare in Italia, lui convinto ti risponde di sì. Adora la sua terra, guidare la sua moto tra le montagne o andare a fare un po’ di snowboard sugli Appennini. Attività che in Belgio non può più svolgere. Intanto cerca nuovamente lavoro, quello che ha non gli piace più, lo annoia, tanto ormai da vivere Gent come la più noiosa delle città, tant’e’ che lui per primo sa di essersi impigrito.

Ma la ricerca e’ dura, magari qualcosa uscirà fuori un giorno, non resta che vedere come gli andrà in futuro.


In bocca al lupo Save, ti auguro un mondo di bene, a te che sei l’informatico migrato per amore.



martedì 19 ottobre 2010

Media dei salari del settore IT nel Regno Unito.


Andando al sito: www.itjobswatch.co.uk potrete farvi un'idea sommaria di quelli che sono gli stipendi medi annui nel settore IT di vostra competenza. Potete anche curiosare un po' su quali siano le figure piu' richieste, o quelle che hanno lo stipendio piu' alto. Un esempio? Guardate quanto prende una persona con conoscenze in BancTec.



Programmatori all'estero. Conviene?

Intervista ad Alex, un programmatore italiano che ha provato a fare carriera come programmatore all'estero. L'intervista originale la potete trovare cliccando qui.



Età e da quanti anni sei fuori dall'Italia?

Quasi 35, ed ormai è più di un anno che sono andato via
.

Dove sei stato e come hai maturato l'idea di andare via?

Per studio e per lavoro ho girato parecchi contesti IT internazionali, tra cui la Silicon Valley. Ovviamente non è la prima volta che mi sono trasferito all'estero per lavoro ed attualmente mi trovo a Dublino.
Sono circa dodici anni che lavoro nel settore IT, certo la mia esperienza, la mia buona conoscenza dell'inglese e la mia precedente esperienza all'estero, mi hanno aiutato non poco nel trasferimento, anche se la parola giusta sarebbe "emigrazione". La mia decisione come quella di molti è maturata, ahimè, sopratutto a causa della crisi del settore IT, per come è gestito, soprattutto dal punto di vista della fornitura di consulenza specialistica. Aziende che fanno solo da intermediari, senza nessuna professionalità. Basta vedere gli annunci su Moster, ad esempio, di esperti di "conoscenza di prodotti di network" Inter Process Comunication di Unix, per rendersi conto che non sanno di cosa parlano.

In Italia se hai più di 35 anni sei un vecchio e se sei senza una laurea ti è difficile inserirti in contesti competitivi: è lo stesso anche fuori?


Il discorso è un po' più complesso. È ovvio che in Italia, come ovunque, un titolo di laurea è importante, ma è ovviamente anche importantissima la capacità e l'esperienza.
Ti faccio un esempio. Un mio collega trasferitosi qualche mese fa è un perito informatico con un'esperienza di parecchi anni. Arrivato qua non ha trovato nessun problema a trovare lavoro. Il problema è che in Italia, se noti, in tutte le inserzioni vi è scritto che è "preferibile la laurea in ingegneria" anche se il lavoro richiesto è quello di fare data entry o scansionare documenti. Bisognerebbe guardare assai in Italia, a quale figura si cerca, e scegliere quale tra i vari candidati "fitta" (scusa l'inglesismo) di più. Ma il problema è che tante, troppe volte, le inserzioni che vedi in giro per i portali del lavoro sono per la maggior parte fatte da aziende di 5 o 6 dipendenti che vendono consulenti ad altri e che troppe volte non sanno nemmeno loro cosa il cliente chiede e così, anche per scansionare documenti, cercano un ingegnere. Per quanto riguarda l'età, io a 35 anni non ho avuto alcun problema ad inserirmi anche in contesti internazionali importanti. La differenza principale che ho riscontrato è che qui ti cercano per le qualifiche richieste, e per l'esperienza accumulata, ed il concetto di body-rental all'italiana qui è completamente inesistente. Il recruiter è recruiter e basta. Vive sul supporto nella ricerca del personale e non ha certo (come succede sempre in Italia) la commessa di terze parti.

Lo stipendio che percepisci rispetto alla media dei lavori com'è e cosa ci puoi fare?

Generalmente lo stipendio rispetto agli altri lavori in Irlanda è superiore di 10k - 20k euro annui, e con le tasse molto più basse rispetto a quelle italiane si vive assai bene. Qui un informatico non lo vedresti mai a 24k euro lordi annui, anzi ho notato con piacere che il concetto di svendita al ribasso non esiste. Se vali è giusto che ti paghino per quello che vali. Andrebbe spiegato anche in Italia.

Quanto sono importanti le persone dove lavori tu?


Parecchio, sono importanti e fondamentali per il ruolo che svolgono all'interno della struttura aziendale e cooperano in modo strettissimo tra loro. Qui è impossibile vedere un Sales che dice qualcosa al cliente se prima non è stato confermato dai tecnici o dagli sviluppatori. È impossibile vedere un Project Manager che non sappia fare il suo lavoro, (come ogni tanto vedi in Italia) perché c'è qualcuno che lo ha messo lì. Insomma le persone sono importanti, e con loro si prendono assai seriamente i ruoli che ricoprono.

Come è avvertita l'innovazione?

Come fatto fondamentale ed economicamente importantissimo. Più una tecnologia è nuova ed è valida, e più all'estero si prende in considerazione velocemente. All'estero, ad esempio, ho visto aziende nascere dopo pochi mesi che era uscito un rfc su un nuovo tipo di protocollo. Una cosa simile in Italia sarebbe da fantascienza.

Pensi che vi sia un IT capace e competitivo in Italia?


Sì esiste, ma è soffocato. Diciamolo una volta per tutte: di tecnici in Italia, ci sono, e sono molto bravi, ma sono in mano ad un mercato italiano fatto di body-rental, di consulenze a mezzo servizio, e di contratti a progetto rinnovabili.
Mi è capitato più di una volta di cercare di spiegare all'azienda che mi vendeva al cliente cosa facessi. Molte volte mi guardavano sgranando gli occhi e rispondendo: "Non ci ho capito un acca" Tira le conclusioni tu stesso.

Quando dici che sei italiano e provi a raccontare come si lavora in Italia cosa ne pensano i tuoi colleghi?


Se ci penso mi viene da ancora da ridere. Molte volte le aziende estere guardano increduli il tuo cv e ti chiedono (e non solo a me, è una domanda ricorrente a tutti i professionisti IT italiani trasferiti): "Perché ha cambiato cosi tante aziende in poco tempo? Ci sembra bravo, perché le aziende non hanno fatto in modo che rimanesse a lavorare dove era?" Vaglielo a spiegare che molti lavori in Italia sono a progetto con scadenza trimestrale-semestrale od annuale, per un'azienda dove sei consulente del consulente del consulente, e che quando chiudono la commessa ti salutano e ti mettono alla porta, fregandosene se sei Dennis Ritchie o l'ultimo arrivato.

In Italia vi è la fuga delle professionalità, cosa ti indurrebbe a tornare?

Se vedessi un mercato IT come lo è in Irlanda in Inghilterra o negli States, forse tornerei, ma in un paese ingessato economicamente e qualche volta mentalmente come il nostro, lo vedo più un bel sogno che una futura e concreta realtà.

Qualcosa di negativo però ci sarà anche all'estero. Cosa c'è che gradisci di meno?

Eh anche questa è una bella domanda. Credo non essere lingua madre, sia una cosa che dà fastidio. Parlare una lingua diversa non è sempre facile. Molte volte è difficile esprimere concetti complessi, o seguire una conversazione quando due persone di lingua madre si mettono a parlare molto velocemente, difficilmente li segui, e dà fastidio chiedere ogni volta di ripetere lentamente. Va detto anche che un inglese che parlasse italiano e dovesse seguire una nostra conversazione troverebbe gli stessi problemi. Parlare comunque una lingua che non è la tua, non e mai facile, per quanto tu la conosca bene. Per il resto, ci sono problemi di comunicazioni e incomprensioni un po' dovunque, indipendentemente se sei in Italia, negli States o in Australia. La differenza che esiste tra il mondo di lavoro nostro e quello estero è che i problemi dovuti da differenti punti di vista sono gestiti molto meglio. Insomma a fatica, ma di punti di vista negativi non li vedo proprio, anche volendo cercarli come invece accadono sullo Stivale.

Come si riesce a far carriera all'estero? Mi spiego. In Italia dopo un po' un tecnico o diventa manager o la sua carriera è bloccata. Qui come funziona?


No, qui il tecnico fa la carriera del tecnico.
Prima si è tecnici, poi si diventa team leader poi technical manager di più gruppi e poi via via sempre più in alto e qualcuno può diventare anche CTO. Insomma il concetto di carriera bloccata non esiste, perché come ti dicevo prima, qui vali in base a ciò che sei, non a chi conosci. Certo ovviamente come in tutte le aziende, dipende da quali sbocchi ci sono e da quali sono le possibilità, cambia da azienda a azienda. Ma certo che qui su una cosa sono chiarissimi: ti dicono subito dove e quanto puoi salire. Più seri di cosi.

È vero che il lavoro è spesso gestito autonomamente? Il mito che si lavora per obiettivi ed il tempo lo gestisci tu è vero?


Si, tantissime volte ma è anche vero però che esistono delle milestones (le milestones, per le aziende, indipendentemente dalla grandezza e dalla loro prosperità, sono fondamentali), per questo in quel caso si lavora per l'obiettivo comune, e dipende sempre dal contesto, dall'azienda e nel settore in cui si opera.
Comunque confermo che se non ci sono milestones od obiettivi prefissati, mi gestisco autonomamente.

Il miglior riconoscimento per il tuo lavoro qual è stato?

Aver sentito per la prima volta alcune frasi come:
"Bravo hai fatto un bel lavoro" , "Come mai il tuo collega non ci aveva pensato a questa soluzione?" "Non ti preoccupare, è di mia responsabilità la faccenda". Parole che in Italia non ho mai sentito. In Italia se il lavoro che fai è fatto bene, è una cosa normale, se è fatto male la colpa è la tua; se hai pensato ad una soluzione innovativa, ci aveva pensato qualcun'altro (che non è mai vero, ma cosi minimizzano il tuo lavoro e poi non la applicano) e soprattutto la colpa è sempre la tua. Qualsiasi cosa accada alla fine ti arriva in Carbon Copy una mail che dice che la colpa di tutto è del consulente. Nel "Bel Paese" i meriti agli altri e le rogne a te.

Consiglieresti ad altri di seguire la tua stessa strada?


Sì assolutamente, se si è sicuri di sé e si hanno le capacità e un'esperienza idonee.


lunedì 11 ottobre 2010

Sognando l'Australia con Italiansinfuga


Consiglio a tutti vivamente il blog che mi ha letteralmente cambiato la vita:

http://www.italiansinfuga.com


a cura di
ALDO MENCARAGLIA.

Se sognate come me di emigrare in Australia, questo sito e' cio' che fa per voi.

venerdì 8 ottobre 2010

Venire a Londra e non sapere l'Inglese.

Storia di un italiano qualunque.

Molto spesso le persone sperano di poter emigrare all'estero senza una reale motivazione. Londra, oltre ad offrire seri vantaggi in ambito lavorativo, puo' presentare delle problematiche piuttosto rilevanti, qualora si decidesse di partire allo sbaraglio. Al termine di questo racconto, sapreste rispondere a queste domande:


  1. Questa storia suscita le paure di chiunque decida di venire a vivere a Londra?
  2. E qual e' il problema di fondo che si tende ad evidenziare?
  3. Cosa ha in comune questa con le altre storie di italiani all'estero?
  4. Questa storia estremizza in senso negativo l'esperienza di vita all'estero?
  5. Ed il protagonista tende a colpevolizzare piu' se stesso o gli altri?
  6. Nei panni del protagonista, avreste potuto impiegare meglio il vostro tempo? E come?

Qui troverete la storia originale
. Io mi sono semplicemente limitato a copiare ed incollare il suo contenuto.


"...Ho cominciato a considerare di trasferirmi a Londra per vivere e lavorare a ottobre del 2006 (NB: prima della crisi). Da quella data ho cominciato a raccogliere più informazioni possibili su internet. Sul lavoro, sull’alloggio, sui forum, consigli ecc…
Avevo deciso di mollare tutto e di provare a ricominciare da capo a Londra con l’anno nuovo, subito dopo le feste. Forse non era il periodo indicato, ma ho aspettato che mi scadesse il contratto di lavoro che non mi piaceva affatto per sperare di trovare qualcosa da qualche altra parte dopo anni di totale insoddisfazione in Italia. Sono partito con nessuna pretesa. Volevo fare qualunque lavoro che fosse lavapiatti o spazzino. L’idea di partire e di ricominciare tutto da capo in un altro paese con un’altra lingua ed un’altra cultura spaventa, ma è più forte il desiderio e la curiosità tanto che prendono il sopravvento sulla razionalità. Alcuni amici in Italia avevano deciso di partire nello stesso periodo per passare le vacanze a Londra e con l’occasione aiutarmi a conoscere qualche italiano che già loro conoscevano a Londra. Questo mi ha dato una motivazione maggiore. Arrivato a Londra il primo giorno ho dormito in albergo in quanto gli amici italiani tramite tutte le loro conoscenze non sono riusciti a trovarmi nulla. Da allora mi sono sempre arrangiato, mi sono trovato da solo alloggi in ostelli e qualche giorno anche a casa di una signora che aveva adibito una specie di garage a camera ma per andare in bagno occorreva andare fuori, cioè passare proprio all’aperto ed in quel periodo la notte arrivava tranquillamente ad un grado infatti pochi giorni dopo ha anche nevicato. Ma il bagno era comunque una specie di struttura separata senza riscaldamento. Poi per una settimana in un ostello invivibile a Bayswater pagato in anticipo dove il materasso a molle scoperte si infilava ovunque nella schiena. La finestra rotta faceva entrare il freddo della notte ed in quel periodo il vento tirava talmente forte che tutta la struttura tremava e difficilmente sono riuscito a dormire quella settimana. Dopo essermi lamentato con la signora che gestiva il posto, ho ottenuto la riparazione della finestra con dello scotch ma, siccome la notte il riscaldamento era rigorosamente spento ed anche di giorno c’era solo un termo leggermente tiepido, sono riuscito a farmi dare un’antica stufa elettrica che tenuta vicino al letto alleggeriva il freddo. Non c’era la doccia ma solo il bagno dove ogni tanto vedevi girare insetti strani tipo zecche. Siccome non si poteva dormire in quel letto avevo considerato di dormire in terra, ma la stanza era una specie di tunnel stretto e non c’era spazio e poi non sapevo che cosa poteva esserci in quel pavimento a moquette. Così ho cercato di sistemare dei panni e quello che avevo sulle molle. Il tutto a 210 pound a settimana in questa specie di camera doppia! Poi finalmente ho trovato un posto “vivibile” ed economico (175 pound a settimana sempre camera doppia). Vivibile perché per fortuna il materasso era comodo e c’era il riscaldamento. Ma le condizioni della struttura e la pulizia non le considero perché mi andava più che bene così, ho chiesto del detergente ed una spugna e mi sono pulito un po’ alla meglio la stanza. Aveva il bagno e la doccia nello stesso ambiente ma gli scarichi comunicanti così, se il vicino faceva la doccia si sentiva ed usciva l’acqua sporca dallo scarico. Ma andava bene così. Questo per quanto riguarda l’alloggio. Per il lavoro avevo deciso che il mio lavoro era quello di alzarmi alla mattina e mettermi in cammino fino alla sera per trovare lavoro e alloggio. Per essere tranquillo, avevo la oyster card con abbonamento settimanale zona 1 e 2 dell’underground e tutti gli autobus a 24 pound circa. Per riassumere le spese a chi si volesse cominciare questa avventura: 175 l’alloggio e 24 l’underground. Per il cibo, i Mc-Donald, burghy ecc sono a 4,90 pound il menù. Ma occorre avere uno stomaco in perfette condizioni per reggere quel ritmo e non era il mio caso. Ma il più delle volte si mangia quello che si trova ai vari supermarket Tesco e Sainsbury’s. Il mio inglese non è il massimo ma capisco e mi faccio capire. Purtroppo non avevo un curriculum decente scritto in inglese e non ho trovato nessuno che mi aiutasse a farne uno. Poi ho pensato che per fare il cameriere ed il lavapiatti, visto che non ho esperienza, non credo che il curriculum mi potesse servire. Quindi, intanto che giravo la città entravo nei locali, solitamente ristoranti e possibilmente italiani, col mio solito: “I’m looking for a job”. Quando mi vedevano entrare mi sorridevano pensando fossi un cliente, ma poi era demoralizzante vedere la loro espressione cambiare apostrofandomi come avessi la peste. Da tutti gli italiani che ho incontrato, ed a cui ho chiesto informazioni, ho sempre dovuto subire i loro racconti di quanto sono stati bravi a cominciare dal nulla e poi si sono sistemanti. Li lasciavo parlare un po’ e quando chiedevo dettagli, alla fine c’era sempre qualche parente o amico che gli aveva trovato lavoro dall’Italia. Se poi chiedevo di aiutare anche me, mi davano qualche sommario consiglio come se tutto fosse facile e come se fossi io l’imbecille che non riesce a trovare nulla. Sembra che a Londra non conoscano i job center. A tutti quelli ai quali l’ho chiesto erano al corrente dell’esistenza ma non sapevano dov’erano, comprese le poste che mi hanno indicato un centro dove facevano corsi di inglese. Alla fine mi sono arrangiato con internet. Ma nei job center entri, hai tutti i computer e le riviste con gli annunci ma poi ovviamente li devi chiamare tu. Loro ti danno a disposizione anche il telefono. Ma nessuno mi aveva detto che prima devi fare l’intervista telefonica con un operatore. Quindi se non sai bene l’inglese…. Ti chiedono se hai il NIN (il loro codice fiscale), dove alloggi, età nazionalità ecc… poi ti chiedono che annuncio hai visto, il numero dell’annuncio ecc… a quel punto ti chiamano loro e ti passano la comunicazione. Metto in guardia chi non conosce bene l’inglese che, un conto è saper capire i siti in inglese, un conto è comunicare con una persona dove puoi usare anche i gesti, ma ho trovato una difficoltà inspiegabile nella conversazione telefonica. Comunque il lavoro non si trovava. Mi rivolgo all’adecco, ma mi dicono che cercano solo persone specializzate con inglese fluente. Tutti gli annunci nei job-center specificano “good english”. Ho sentito parlare di una chiesa italiana a londra e provo ad andarci. Era sera (circa le 1 ed era chiusa. Ma su un lato c'erano un gruppetto di persone. Parlavano italiano. Ho chiesto informazioni ed uno mi ha detto: puoi chiedere a lui, è il parroco. Gentilmente gli chiedo se potevo prendere un appuntamento, ma lui mi dice di entrare ed aspettare che sbrigasse con una persona e mi avrebbe parlato. Aspetto poco più di una mezzora e mi riceve. Gli spiego che cerco lavoro ed alloggio e chiedo consigli. E’ stato molto gentile, ma era dispiaciuto informarmi che di lavoro non si trova e che quando lo chiamano dall’Italia, consiglia di non avventurarsi perché non è più come una volta che si trovava lavoro facilmente e la manodopera scarseggiava. Chiacchierando e riflettendo, in effetti, l’Europa dell’est esporta molte persone anche laureate che riescono ad imparare molto bene l’inglese da casa ed andare a Londra disposti a tutto. Se poi si pensa di andare a Londra per imparare l’inglese, di londinesi ce ne sono veramente pochi. Tutte le razze ma inglesi pochi. Ma secondo me va bene lo stesso per cominciare. Incontro italiani e cerco di iniziare discorso, ma sarò sfortunato io, o sarà che gli italiani sono fatti così, ma incontro solo persone che sanno raccontare benissimo come sono stati bravi, a colorire la loro storia come fossero gli unici al mondo ad esserci riusciti e come solo loro sono usciti da situazioni impossibile che avevano toccato il fondo, sono stati disperati, stavano per dormire in strada, ma ecco che uno spiraglio di luce…. Beh, su internet, nei job center, nelle agenzie interinali e porta a porta niente lavoro. Non mi restava che rivolgermi ad un’agenzia a pagamento dove un italiano narrava che loro ti trovano lavoro e alloggio ma ci mettono un po’. Lo stesso italiano che ho conosciuto la sera al quale ho lasciato il mio numero di cellulare chiedendogli se cortesemente mi poteva mandare un sms con l’indirizzo di questa agenzia, visto che lui era lì da 2 mesi senza aver trovato nulla ma un suo amico l’aveva trovato con l’agenzia. L’sms non è mai arrivato, ma tanto a lui non credo importasse molto considerato che mi diceva che i soldi glieli passavano comunque i genitori. Se pagavo un’agenzia dovevo rimanere almeno un altro mese nell’attesa che mi trovassero qualcosa. Tutto questo alla modica cifra di 175 pound per la camera, 24 per l’alloggio e circa 5 o 10 per il cibo che ormai era l’unica cosa su cui potevo risparmiare. Ma erano ormai passate quasi 3 settimane ed a quel ritmo non sarei riuscito a continuare un altro mese. Non so, forse chi ci riesce lo racconta e tutti gli altri rimangono nell’ombra e se ne vanno con la coda fra le gambe. Ed io sono uno di quelli. Dopo un mese non ho retto economicamente. Dopo aver passato diverse giornate sotto la pioggia ed il vento mi sono pure ammalato con una notte di febbre molto alta. Ho smesso di crederci e cominciavo a schifarmi di Londra. Cominciavo a vedere i volti seri, la gente che camminava senza mai girarsi, nessuno ti sorride, il vento insopportabile, la pioggia… Vedevo tutto intorno davvero triste. Ho cominciato a pensare che se anche avessi trovato una sistemazione, sarei diventato così anche io. Il prezzo da pagare per un’esperienza e per imparare l’inglese mi sembrava troppo elevato e sproporzionato. Ma a quel punto mi sentivo anche in trappola. Niente lavoro a Londra e niente lavoro in Italia. Ma ho comunque preferito tornare in Italia. I soldi stavano finendo. Forse ho fatto male i calcoli, forse ho smesso di crederci, forse sono stato sfortunato, forse sono capitato nel periodo sbagliato, forse… forse e forse…. Una cosa mi conforta leggermente: leggere nei forum che c’è tanta gente che non riesce a trovare lavoro nonostante l’impegno e la dedizione. Ma non mi sento nemmeno di consigliare qualcuno di partire all’avventura, mollare tutto che ce la può fare. Sono convinto che le storie a lieto fine siano tante, altrimenti a Londra non ci sarebbero tante persone. Ma per un banale calcolo di percentuale, credo siano tante anche le persone che hanno dovuto ripiegare in ritirata. Ah, dimenticavo, tra le tante esperienze sono capitato a mia insaputa nella londistan, la zona dei musulmani a vedere un alloggio che avevo letto negli annunci. Là sono davvero tutti musulmani: poche donne in giro e tutte col burka e gli uomini con la barba e quei loro vestiti tutti uguali con quel coso bianco in testa. Ero l’unico “diverso”. Il ragazzo dell’agenzia, giovane, gentilissimo e positivissimo. Tanto da dirmi che a Londra devi per forza essere positivo, altrimenti non concludi nulla. “You have to be positive in the mind”. L’appartamento non l’ho preso perché chiedeva un minimo di 6 mesi, ma non era male, arredato, con camera cucina e bagno spazioso il tutto a 150 pound a settimana bill (spese) e arredamento compreso. Ma la cosa più importante è che si è offerto comunque di aiutarmi a trovare lavoro, mi ha indicato 2 agenzie e mi ha spiegato bene come raggiungerle. Mi ha detto che lì era la zona migliore, una comunità migliore e lavoro si trova più facilmente che nel centro. Avrei potuto pensare che lo faceva per affittarmi l’appartamento, ma gli avevo già detto che non potevo garantire per 6 mesi e sapeva bene che non faceva per me, ma si è offerto di aiutarmi lo stesso. Appena ci siamo salutati mi sono incamminato verso le agenzie che mi aveva indicato. Ma strada facendo ho cominciato ad immaginarmi in mezzo a quelle persone totalmente diverse da me, una cultura alla quale non mi sono mai identificato e che non sono mai riuscito ad accettare. Ho preso il primo bus e sono tornato a cercare in altre zone. Forse saranno coincidenze, ma questo ragazzo mi ha confermato che le altre “razze” su aiutano tra di loro. La conferma mi era arrivata dell’italiano che avevo conosciuto appena arrivato a Londra, quasi una premonizione sulle cattive esperienze con gli italiani che ho incontrato durante la permanenza a Londra. Questo, probabilmente sfruttava il fatto che ero appena arrivato e non ero esperto, cercava in tutti i modi di fregarmi rifilandomi squallide camere condivise a 180 pound al mese. Nel tragitto per andare a visitare queste camere, anziché darmi qualche buon consiglio o aiutarmi a trovare un lavoro col quale avrei potuto pagargli l’alloggio, è stato tutte le due ore a raccontarmi di quanto fosse bravo, di quanti soldi aveva fatto, di quanto era seria la sua agenzia, quanto ha pagato la sua casa, un accenno alla moglie ed alla figlia nata da poco quasi a confermare il suo successo ma soprattutto di quanto la sua intelligenza l’abbia aiutato a sopravvivere durante le prime permanenze a Londra che non aveva nemmeno i soldi per pagare l’ostello ed era costretto ad usare metodi illegali. Dopo avermi anche raccontato che gli avevano da poco ritirato la patente perché era ubriaco, la mia fiducia nei suoi confronti era praticamente nulla. Il culmine lo ha raggiunto con la frase che non dimenticherò mai: l’Italia è un insulto alla sua intelligenza. Per me, questo era troppo, ma non sapevo ancora quello che mi aspettava i giorni successivi. Se davvero è tanto intelligente, come mai in Italia non è riuscito a concludere niente ma a Londra si? Se sei davvero bravo, valido ed intelligente, non esistono ostacoli, nemmeno l’Italia…. Scusate lo sfogo, più che un racconto. L’intento è di cercare di essere utile a qualcuno. Gli italiani che ho incontrato non mi hanno aiutato, per cui non voglio fare la stessa cosa. Questo è l’unico aiuto che posso dare: riflettete prima di partire. Non lasciatevi incantare solo dalle storie a lieto fine… La voglia di partire e lavorare all’estero è rimasta. Non so se riuscirò mai, ma se dovrò ripartire, voglio essere sicuro di avere già un lavoro. Ah, ora sono ancora disoccupato ma qui riesco ancora a cavarmela con qualche lavoretto in nero… Addio pensione…"

Aspetto un vostro commento.


lunedì 4 ottobre 2010

Lavorare a Google. Un sogno che può trasformarsi in realtà.


Storia di un ragazzo di Catania, che ora vive e lavora per Google a Londra.

Mi chiamo Claudio Cherubino, ho 29 anni e sono nato e vissuto a Catania prima di trasferirmi a Londra sei mesi fa. Ho studiato Informatica presso l'Università della mia città e mi sono laureato con il massimo dei voti nell'estate del 2004.

Raccontaci la tua esperienza nell'IT?

Ho iniziato a lavorare quando ancora frequentavo l'università e da allora non sono mai stato con le mani in mano. Il bello del nostro settore e' che le barriere all'ingresso sono molto basse e chiunque può darsi da fare senza richiedere grossi investimenti iniziali. E' anche vero che questo ci porta a competere sul prezzo con gente incapace ma alla fine il cliente intelligente e' in grado di scegliere non solo in base a quello. E se non capisce la differenza fra un lavoro fatto bene ed uno economico allora forse non e' il cliente giusto per noi.

Gli ultimi due anni in Italia ho lavorato per un'azienda chiamata IFM Infomaster, dove mi occupavo di sviluppo di software su piattaforma .NET. Una buona azienda senza dubbio, soprattutto per le persone in gamba che vi lavorano, ma nella mia testa da qualche anno albergava l'idea di tentare il colpaccio presso una delle più grandi realtà a livello mondiale.

Come fare ad iniziare a lavorare anche senza avere esperienza?

Il mio consiglio e' quello di sfruttare le peculiarità del nostro settore e soprattutto le enormi possibilità offerte da Internet. Collaborare con un progetto open - source è un ottimo modo per fare esperienza e arricchire il proprio curriculum, ma anche scrivere un blog (magari in inglese) può fare la differenza fra due candidati per un unico posto di lavoro.

Dagli inizi ad adesso ho lavorato come consulente informatico, developer, technology evangelist, community manager e persino traduttore di libri tecnici, molto spesso facendo due cose alla volta, tanto quando è la passione a guidarti e' tutto più facile, no?

Come mai Google?

In realtà ero convinto che, dato il mio background, se fossi riuscito nell'impresa sarebbe stato con Microsoft, ma alla fine e' andata anche meglio del previsto ed eccomi a lavorare per Google!

La parte difficile e' stata superare i colloqui, ma una volta che ho ricevuto l'offerta non ci ho pensato molto prima di accettare e rassegnarmi a cambiare vita. Cosi un bel giorno di Aprile ho lasciato l'Italia alla volta della California prima e di Londra poi, non capita spesso un'occasione come questa!

Come hai affrontato la tua scelta di andare a vivere all'estero?

Non e' per niente facile convincersi a lasciare il proprio Paese e trasferirsi altrove, soprattutto per noi italiani. Tutti i ragazzi americani, per esempio, lasciano casa quando vanno all'università e quindi per loro il trasferimento non costituisce un problema, mentre per noi già pensare di andare a studiare in un'altra città e' un trauma non da poco.

Per quanto mi riguarda è stato facile grazie a mia moglie che mi ha appoggiato sin dall'inizio e che ha accettato l'idea di iniziare una nuova vita a Londra, ma dirlo alle persone care non e' mai una passeggiata. In realtà tutti hanno capito che si trattava di un'occasione imperdibile e alla fine sono riusciti ad anteporre il mio futuro al naturale desiderio di stare vicini.

Perché Londra?

La scelta di Londra e' stata facile, era là che Google mi offriva un posto di lavoro! Adesso che ci vivo da qualche mese posso dire che ci sono solo due cose che non sopporto: il clima non e' certo quello della Sicilia e poi gli inglesi si ostinano a guidare dalla parte sbagliata della strada :)

Per il resto si tratta di una città che offre moltissimo e dove tutto funziona. La gente e' molto più cordiale di quanto lo stereotipo dell'inglese medio ci faccia pensare e anche il cibo non è poi così male.

Torneresti mai in Italia?

Forse suonerà strano ma non sento la mancanza dell'Italia.

Certo, e' sempre un piacere ritornare a casa, ma solo per gli amici ed i parenti, non certo per quello che il nostro Paese offre, soprattutto recentemente. Non escludo la possibilità di ritornare in Italia un giorno, ma mi chiedo cosa possa convincermi a lasciare Google e pensare di scontrarmi nuovamente con il mondo lavorativo italiano.

Pro e contro con l'ambiente IT italiano?

Scusa la schiettezza, ma non credo che esistano dei pro nell'ambiente IT italiano.

Per la maggior parte dei casi non esiste alcun pro per l'ambiente lavorativo italiano in generale e dove le cose funzionano si tratta quasi sempre di eccezioni. Ho lavorato per aziende pubbliche e private ma quello che non va bene e' sempre una cosa, la mentalità. Nel nostro Paese il dipendente medio fa di tutto per rubare lo stipendio al titolare e quest'ultimo pensa solo a come evitare di essere fregato.

Dove mi trovo adesso il dipendente e' una risorsa per l'azienda e tutti collaborano per raggiungere un buon risultato insieme, chi non lavora viene mandato via senza problemi e chi produce viene premiato. Inutile sottolineare quanto questo sia stimolante per il dipendente e quanto produttivo per l'azienda...

Quanto secondo te ha influito la tua laurea nell'essere assunto a Google?

Potrei sbagliarmi, ma credo che la laurea sia indispensabile per essere assunti da Google. Considera che Google riceve milioni di curriculum ogni anno e quindi si può permettere di effettuare un primo filtro basandosi esclusivamente sul titolo di studio e avere ugualmente un elevatissimo numero di candidati.

Avere la laurea comunque non basta per entrare ma e' necessario avere qualcosa in più degli altri. Aver conseguito il titolo in breve tempo e con un buon voto e' un ottimo inizio ma e' sicuramente meglio essere in grado di dimostrare di saper applicare ciò che si e' studiato per anni e di avere passione. Sembra incredibile ma esiste gente laureata in Informatica che non e' in grado di programmare in nessun linguaggio o che non sa nemmeno descrivere un algoritmo banale.

Fortunatamente il corso di laurea in Informatica che ho seguito presso l'Università di Catania era tenuto da professori giovani e competenti, oltre che aggiornati sulle nuove tecnologie. Ciò mi ha permesso di avere delle solide basi teoriche che sono sicuramente utili nel mio nuovo ruolo, visto che in Google l'ottimizzazione e l'uso di algoritmi efficienti e' alla base di ogni prodotto.

Che messaggio vorresti dare ai tuoi Catanesi?

C'è un messaggio che vorrei dare non solo ai Catanesi, ma a tutti i ragazzi italiani magari precari: non state con le mani in mano.

Il lavoro non cade dal cielo e se avete un obiettivo dovete darvi da fare per raggiungerlo. Cercate di fare qualcosa che vi piace e vi verrà più facile fare sacrifici, non disperate se trovate solo posizioni precarie e non consideratevi arrivati quando finalmente avrete un posto a tempo indeterminato, soprattutto se non vi piace. Non si può lavorare solo per avere uno stipendio, se ci pensate bene, qualunque sia la posizione, passerete più tempo a lavoro che con gli amici, la fidanzata o la moglie ed e' terribile accettare di tollerare le famose 8 ore ogni giorno solo perché senza alternative.

Lavorare per google deve essere qualcosa di eccezionale, cosa possiamo fare?

Sembra un altro mondo, vero? Se volete verificare con i vostri occhi questo e' uno dei momenti più propizi, Google sta assumendo in tutte le sedi, compreso quella di Londra dove io lavoro. Se vi interessa, contattatemi all'indirizzo claudiocherubino(at)gmail.com, sarò lieto di chiarire i vostri eventuali dubbi.

Ultimo consiglio: cambiare città/nazione/continente non e' così terribile, soprattutto se l'occasione e' ghiotta, ma ricordate che senza conoscere bene l'inglese il ventaglio di opzioni si restringe quasi del tutto, quindi se la vostra conoscenza delle lingue straniere e' scarsa non perdete tempo e iniziate a studiare inglese sul serio, un giorno mi ringrazierete!

E voi cosa state aspettando? Per ulteriori info scrivete a: claudiocherubino(at)gmail.com, inoltre vi segnalo www.twitter.com/ccherubino, oppure al sito www.claudiocherubino.it.

Grazie Claudio.




venerdì 1 ottobre 2010

Sette passi per emigrare a Londra.

Ecco come emigrare a Londra passo dopo passo.



Prenotate il volo aereo.

Portatevi solo lo stretto indispensabile. Se però non potete rinunciare al vostro cuscino in semi di lino, e quindi intendete portarvi molta roba, sconsiglio vivamente i voli low cost. Qualora non poteste farne a meno, tanto varrebbe prenotare un secondo biglietto per un vostro amico per portarvi il resto o farvi spedire il tutto via posta.

Prenotate un ostello od un albergo.

Gli alberghi a Londra non sono ne economici, ne tantomeno confortevoli. Andateci solo per brevi periodi. Io suggerisco: booking.com, ma ne esistono anche altri, basta solo cercare.

Gli ostelli possono essere una valida alternativa qualora non si volesse subito cercare casa. Ne esistono moltissimi. Anche in questo caso potreste cercare in hostels.com.

Comperare una Oyster Card.

I mezzi pubblici sono molto costosi a Londra, una volta arrivati conviene acquistare la Oyster Card. L'Oyster Card è una tessera plastificata ricaricabile che permette l'accesso ai mezzi pubblici e calcola al momento la tariffa più conveniente. Inoltre con la stessa carta è possibile attivare servizi di abbonamento quali la Travelcard. Per maggiori informazioni visitate il sito: oyster.tfl.gov.uk

Trovare casa.

Una volta messo piede a Londra, la ricerca può essere fatta tramite internet, e ricordate:

  • Pound = Sterlina,
  • pw = pound per week;
  • pm = pound per month.
Su gumtree.co.uk, è possibile cercare tramite privati, quindi anche senza un contratto regolare, e da condividere o non con altre persone.

Su findaproperty.com, potrete trovare vari annunci di agenzie immobiliari. In questo caso potreste trovare delle case già ammobiliate.

Se volete andare a vivere in una particolare zona di Londra, potreste anche scegliere di recarvi sul posto e cercare delle agenzie immobiliari di lì. In più, se intendete condividere casa con altre persone, alcune agenzie vi potrebbero aiutare nella ricerca. In ogni caso, preparate il vostro portafoglio, perché potreste affittare spendendo almeno 2 settimane di deposito più il mese di affitto, se siete fortunati.

Trovate una scuola di Inglese.

Nel periodo di ricerca del lavoro, potreste approfittare per qualche settimana di corso di lingua full time. È anche un modo utile per iniziare a socializzare. Se non sapete dove cercare potreste vedere su: britishcouncil.org, dove troverete un elenco di scuole accreditate dal british council.

Trovate lavoro.

Vedi anche: lavorare a Londra. Una volta trovato, vedrete che sarà tutto più semplice.

Aprite un conto in banca.

Esistono molte banche a Londra che permettono di aprire il conto con estrema facilità una volta ottenuto il lavoro. Se scegliete di aprire il conto con i servizi di base (Debit card + account on line) non dovrete pagare alcun tipo di commissione e tempo una settimana avrete già la vostra Debit Card (Carta di credito e Bancomat).

Diffidate dalle banche che vi chiedono di pagare qualcosa in più. Io consiglierei la Barclays, per mia diretta esperienza.


Ottenete il NIN (National Insurance Number).

Una volta che percepirete il vostro primo stipendio, non sorprendetevi se vi avranno detratto una parte, (circa il 15%). Basterà semplicemente andare a richiedere il NIN. Come? È molto semplice.

Prima di tutto bisogna sapere che il National Insurance Number è praticamente come il nostro codice fiscale ed è indispensabile per registrare tutti i contributi pagati sia a livello pensionistico che assicurativo e per poter chiedere i social benefits di cui eventualmente si ha diritto in mancanza di un lavoro. Il NIN si richiede chiamando il numero di telefono 0845 600 0643 con orario di ufficio dalle 8.00 alle 18.00, dal lunedì al venerdì.

Dopo la telefonata ci si recherà successivamente all’appuntamento per sostenere un colloquio muniti di un documento d’identità valido, della documentazione che certifica che si sta lavorando (va bene un contratto di impiego o una lettera del vostro datore di lavoro) e che si risiedia nel paese (vi basta il contratto di affitto o la documentazione sull’apertura di un conto corrente inglese).

Se non parlate inglese, fatevi sempre aiutare da qualche italiano paziente e volenteroso che risiede lì da tempo o procuratevi un’interprete presso gli uffici pubblici. Questo è il link da dove potrete attingere le informazioni per ottenere il National Insurance Number o NIN: dwp.gov.uk

Una volta ottenuto, il vostro stipendio tornerà ad essere finalmente quello atteso, e inoltre, se decideste di tornare in Italia dopo aver lavorato per soli 12 mesi a Londra, potrete richiedere la restituzione delle tasse da voi versate. In quel caso, non potrete ritornare se non dopo un anno.


Buona fortuna.